(sintesi storica di Giuseppe Vito Internicola) *
La Chiesa dell’Annunziata è una delle più antiche chiese di Castellammare, sorta fuori delle mura di cinta del paese, in riva al mare in prossimità della tonnara e dei macaseni del caricatore. Nacque forse come cappella della tonnara. Tutte le fasi della pesca del tonno erano associate in passato a momenti di preghiera e a speciali riti propiziatori.
Ha un impianto quadrangolare (metri 5 x 13,70), la porta di ingresso rivolta a nord verso il mare, una piccola sagrestia con accanto un cortiletto.
L’interno è provvisto di volta e di ampie vele sulle finestre. Fino agli anni cinquanta del secolo scorso le pareti erano decorate con pitture purtroppo rimosse in sede di restauro. L’altare in marmo rosso è molto simile agli altari laterali della Chiesa Madre. Un ampio arco trionfale a sesto acuto divide il presbiterio dal corpo della chiesa. Nell’abside c’è una nicchia, con una vela similare a quelle poste sulle finestre, su cui è sovrapposto, con evidenti tagli sul muro, il dipinto dell’Annunciazione. La nicchia molto ampia era destinata ad accogliere le due statue dell’Angelo Annunziante e della Madonna.
La prima notizia documentaria sulla chiesa è del 12 gennaio 1590. Il vescovo di Mazara Luciano De Rubeis concedeva al Padre Provinciale dei Carmelitani la chiesa perché vi fondasse un convento, tenuto conto della richiesta dei giurati della terra di Castellammare, che nutrivano devozione verso la Madonna del Monte Carmelo ed erano sicuri con la nuova istituzione di arrecare benefici alla popolazione e comodità ai naviganti che facevano scalo con i loro velieri.[1]
I carmelitani nel 1590 da poco tempo già dimoravano a Castellammare presso la chiesa. Il convento fu effettivamente costruito se dalla documentazione ne risulta priore nel 1591 padre Egidio Russo.[2] La chiesa per tale motivo assunse anche il titolo di Santa Maria del Carmelo. Nella chiesa fu collocata anche una statua della Madonna del Carmelo. La statua è forse quella, artisticamente molto significativa, in seguito posta sull’altare della chiesa del Rosario presso il castello. Tale statua dopo il recente restauro di Elena Vetere è stata collocata presso il museo della Chiesa Madre.
Il convento molto piccolo sorse non in riva al mare, ma probabilmente dietro l’abside della chiesa stessa o in ambienti vicini, poiché tutti gli spazi sulla Cala Marina vicini alla chiesa erano allora occupati, come risulta dalla documentazione, da magazzini e strutture a servizio del caricatore o della tonnara.
A levante tra la tonnara e la chiesa c’erano due macaseni del caricatore, detti di Tornamilla e di la Nunciata. A ponente dopo la via, da cui giungevano i muli carichi di frumento, una grande pinnata per il deposito provvisorio dei carichi e poi altri tre macaseni: della scala (con riferimento all’andamento della via), del ponte perché collocato dinanzi al ponte in legno, disposto sul mare per caricare le barche che portavano il frumento ai vascelli, e poi quello dell’orzo, in cui si conservava tale cereale.
Il convento ebbe vita brevissima. Nei riveli del 1636 era registrato il convento dei francescani con il numero dei frati presenti, ma non quello dei carmelitani.[3] Mastro Vito La Sala dichiarava nello stesso anno di avere un macaseno confinante con la chiesa dell’Annunziata, a sud della chiesa, proprio dove in precedenza presumibilmente funzionava il convento. Nel successivo 1641 l’abate Rocco Pirri giustamente affermava che l’unica comunità religiosa esistente a Castellammare era quella dei Conventuali.[4]
La chiesa con il titolo dell’Annunziata diede il suo nome ad una contrada prossima, in cui c’erano terreni coltivati, e ad uno dei macaseni del caricatore confinante, come già detto, con la chiesa. Nei riveli della popolazione del 1594 Guglielmo Gunruso dichiarava, infatti, di avere un giardino in contrada di la Nunziata.[5] Nella visita ispettiva al caricatore di Castellammare del promaestro portulano Giovanni Corvisio del 1609 si riferiva dell’esistenza del macaseno della Nuntiata, in cui erano conservate ben 500 salme di frumento.[6]
Nel 1613 fu ordinata al pittore Giuseppe Carreca dal procuratore della chiesa mastro Stefano Novelli una pala d’altare con l’Annunciazione con l'angelo annunciatore, il Padre Eterno sopra Maria SS. Annunciata e lo Spirito Santo con 4 serafini attorno.[7] La pala doveva avere le dimensioni di palmi 10 di altezza e palmi otto di larghezza (m 2,50 x 2) ed essere simile come colori ad altra tela realizzata dal pittore per la cappella De Ballis presso la Chiesa Madre di Alcamo. Il dipinto, pagato 10 onze, fu consegnato l’11 marzo del 1614 e quindi collocato sull’altare alla venerazione dei fedeli. Fu sovrapposto alla nicchia che forse non ospitò mai le statue per cui era predisposta o era priva delle statue perché rovinate.
Giuseppe Carreca apparteneva ad una valente famiglia trapanese di pittori. Era figlio di Andrea e fratello di Vito, che lasciarono quadri apprezzati nelle chiese della Sicilia Occidentale.
Lo stesso pittore dipinse nel 1614 per la chiesa una tela non più esistente con San Carlo Borromeo, per incarico di Don Nicola La Liotta .[8] Il santo era stato canonizzato da papa Paolo V solo 4 anni prima.
Per quanto riguarda le visite pastorali, la chiesa compare per la prima volta nella visita del Card. Giovan Domenico Spinola del 1639. Nella relazione si riferisce della presenza di una congregazione (societas fidelium) con lo stesso titolo della chiesa, approvata dall’ordinario diocesano, i cui ufficiali venivano eletti annualmente e gestivano per le esigenze di culto 10 onze.
Nel 1662 fu eretta nella chiesa la nuova Congregazione di Maria SS.ma del Monte Carmelo che in via di fatto venne a sostituire la precedente congregazione.
Tale congregazione, che fu riformata in seguito a disposizione testamentaria di Francesco Melilli nel 1730, solo in occasione della feste raggiungeva la chiesa e preferiva riunirsi settimanalmente presso la chiesa di Sant’Antonio Abate.
Le fu permesso già nel 1675 dal beneficiale di poter indossare in detta chiesa in occasione delle processioni la divisa consistente in un sacco bianco di lino ed un cappuccio nero. Quando sotto la stessa chiesa fu costruita (1753) una cripta sepolcrale ottenne anche di potervi seppellire i confratelli morti.
Anche nella chiesa dell’Annunziata da epoca antica funzionava una sepoltura. Vi furono in particolare sepolti stranieri deceduti improvvisamente mentre si trovavano in paese.[9]
La chiesa venne visitata in occasione delle visite pastorali che si succedettero nel tempo. E’ interessante la relazione presentata dal cappellano a Mons. Orazio Della Torre nel 1797. Si accennava all’antichità della chiesa e al fatto che era “in antico pertinente al convento dei Carmelitani, contiguo alla stessa chiesa”, e di cui si osservavano ancora “li vestiggi di quelle antiche diroccate fabbriche”. Si poneva in evidenza la presenza della Congregazione (detta Compagnia) di Maria SS.ma del Monte Carmelo, i cui statuti erano stati approvati nel 1662 dal vescovo Mons. Giovanni Lozano. Veniva confermato che la confraternita “per la lontananza e l’incomodo soffriano li fratelli esercitava le sue funzioni spirituali” presso la Chiesa di Sant’Antonio. La chiesa era stata da poco restaurata (1790), grazie anche al contributo di Don Ercole Naselli dei principi di Aragona, dopo un lungo periodo di chiusura al culto per le condizioni precarie. Le strutture della chiesa che adesso vediamo si devono a tale intervento di restauro. E’ possibile che sia avvenuto allora l’allineamento della facciata al prospetto degli edifici vicini.[10]
La congregazione rimase in funzione fino al 1820. Successivamente le rendite furono amministrate da una Commissione di pubblica beneficenza. Dal 1860 la gestione passò alla Congrega di Carità e poi dal 1888 al locale ospedale.[11]
Qualche anno prima del 1884 il cappellano decise di far restaurare il quadro dell’Annunciazione di Giuseppe Carreca e lo fece trasportare per questo via mare a Palermo, ma il quadro non fece più ritorno. Così descriveva con ironia l’evento nel 1884 Pietro Maria Rocca: “Il quadro probabilmente esisteva fino a qualche anno fa e nella chiesa per dove fu destinato; se nonché un buon prete di quel paese, premuroso di farlo ristorare, pensò mandarlo per mare a Palermo e più non lo riebbe. Subì forse il povero quadro la triste sorte del profeta Giona ? ”.[12]
L’arciprete Romano accenna all’episodio a lui riferito da Don Giovanni Sarcona, che identificava il cappellano nel sac. Leonardo Zangara. In verità non si può dare alcuna colpa al sac. Zangara, vissuto tra il 1870 ed il 1953, e che all’epoca dell’evento era ancora un ragazzo.
Da Palermo il restauratore, sempre secondo il racconto del sac. Sarcona, in cambio della preziosa tela del Carreca fece giungere il dipinto dell’Annunciazione che adesso è posto sull’altare. Fino a non molto tempo fa era visibile, però, presso la sacrestia della chiesa dell’Annunziata un documento che attestava che il quadro era stato ordinato al pittore Provenzani di Palma di Montechiaro nel 1905.
L’ordinazione fu fatta a qualcuno dei discendenti di Domenico Provenzani (1736 – 1794), celebre pittore di Palma di Montechiaro. Seguirono le sue orme, raggiungendo risultati non certo paragonabili a quelli del loro antenato, il pronipote Vincenzo Provenzani (nato nel 1814), detto Don ‘Zulu e popolarmente il Pinturicchio (come il famoso pittore del Rinascimento), e i suoi figli Domenico (nato 1838) e Michelangelo (nato nel 1841). Lasciarono le loro opere anche in Sicilia Occidentale.
Alla “scuola del Pinturicchio” è attribuita la tela della Madonna della Grazie della Chiesa di Scopello in una relazione presentata dal cappellano Don Leonardo Zangara nel 1934 in occasione della visita pastorale a Mons. Ballo, vescovo di Mazara. [13]
Michelangelo Provenzani dipinse nel 1885 la graziosa pala d’altare della Sacra Famiglia della Chiesa Parrocchiale di Balata di Baida.
Quest’ultimo pittore dipinse anche la tela dell’Annunciazione di Castellammare? Non si può affermare con certezza, anche se il volto della SS.ma Vergine è molto simile a quello della tela di Balata di Baida. Certamente il pittore nel realizzare l’opera si ispirò all’Annunciazione di Guido Reni della cappella del Palazzo del Quirinale. Molto diffuse sono in Italia copie del celebre dipinto. Alcuni pittori vi si ispirarono per le loro opere.
Notare alcuni particolari: il reticolato del pavimento, lo sgabello su cui è inginocchiata la SS. ma Vergine, l’atteggiamento e l’abbigliamento dell’Angelo, la nuvola sotto i suoi piedi, la SS.ma Vergine con la disposizione delle mani sul petto e la piega del manto, l’apertura delle nuvole sul cielo, il mobile ed il libro aperto.
E’ opportuno il restauro del dipinto per sanare i danni arrecati dal tempo, ma anche per riscoprire i colori originali e l’eventuale firma del pittore.
In passato la chiesa era luogo speciale di preghiera, dove la comunità castellammarese si riuniva in alcuni momenti dell’anno. Raggiungeva la chiesa di l’Annunziata a la marina soprattutto per la festa dell’Annunciazione (25 marzo), per le quarantore, per la novena e la festa della Madonna del Carmine e per la festa di Santa Teresa.
In occasione della festa della Madonna del Carmine si poteva lucrare una speciale indulgenza plenaria concessa per particolare privilegio alla chiesa. Molti fedeli indossavano l’abitino della Madonna del Carmine ed erano iscritti alla rinata confraternita. Tipico era ogni giorno della novena il requiem per ciascuno dei confratelli morti, il cui nome veniva estratto da un cestino contenente tutti i nomi, tra la commozione ed il ricordo dei presenti. Per la festa di Santa Teresa si benedivano le rose, che per devozione ciascuno riportava a casa.
Le edicole della Madonna del Carmine, della santa carmelitana Teresa di Lisieux e del Santissimo Crocifisso sono state aggiunte intorno al 1920.
Per lungo tempo fu cappellano della chiesa Don Giovanni Sarcona (1882 - 1965), lasciando un vivo ricordo nella popolazione per la irreprensibile condotta di vita, la intensa religiosità e l’impegno pastorale.
* un ringraziamento per la collaborazione va a Rosaria Asaro e a Lino Grassa.
Articolo di Giuseppe Vito Internicola
pubblicato il 01/03/2021
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[1] Archivio Storico Diocesano di Mazara del Vallo, Bolle, Vol. I per gli anni 1530 - 1630, 465. S. A. ROMANO, Scheda storica sulla chiesa in Le Chiese di Castellammare, Palermo 1972, 31-33 e doc. n. 5, 83. [2] Atto del notaio alcamese Antonio Vaccaro del 7 settembre 1591 (Bibl. Com. Alcamo, registro del notaio del 1591/1592, 40). Definisce padre Egidio Russo priore del Convento carmelitano “sub vocabulo di la Annunziata extra moenia terrae Castri ad mare”. [3] ARCH. STATO PALERMO, Tribunale del Real Patrimonio, Riveli antichi di beni e anime, reg. 206 del 1636 , II. [4] ROCCO PIRRI, Sicilia Sacra, Mazarensis Ecclesiae Notitia, VI, 1641, 898. [5] ARCH. STATO PALERMO, Tribunal Real Patrimonio, Riveli antichi di beni e di anime, Vol. 204, II del 1594. [6] IBIDEM, Arch. Maestro Portulano, reg. 1302, 4r-8v [7] P. M. ROCCA, Nuovi Documenti relativi a pitture di Giuseppe Carreca in Archivio Storico Siciliano, IX, 1884. Doc. VII, 235 - 236. Mastro Stefano Novelli era bombardero al castello (cioè addetto ai pezzi di artiglieria), ma anche falegname molto valido. Venne chiamato dal castellano a fare riparazioni nel castello sempre con riferimento ai cannoni ( “consa la caxa della petrera ……costruisce, ripara ed impicia casce, carro, ruote per pezzi di artiglieria”). Relazione del castellano Giovanni Barbanigra del 1615-1616 e Relazione del castellano Gerardo Belando del 1616-1617, Arch. Stato Palermo, Arch. Moncada, reg. 3896 e reg. 3896, trascritte in G. V. INTERNICOLA, Castrum ad mare de gulfo. Alle origini di un paese, Alcamo 2015, 437-450 e 451-459. [8] P. M. ROCCA, articolo citato, doc. IX alla pag.237. Atto del notaio Lorenzo Lombardo del 22.3.1614. [9] Dai Registri dei Morti dell’Archivio della Chiesa Madre risulta che nel 1599 “ a 24 di luglio Laurenzu Tavaruni (genuvisi) fu sepultu in la ecclesia dilla Annunziata” e che il giorno 8 novembre 1645 “Giovanni del regno di Sardegna, domiciliato a Trapani dell’età di anni 60, in casa in comunione della S. M. Chiesa morto improvvisamente, fu sepolto nella Chiesa di Santa Maria del Carmelo di questa terra di Castellammare Golfo”.[9] S. A. ROMANO, op. cit., 31. [10] ARCHIVIO STORICO DIOCESANO MAZARA DEL VALLO, Visite Pastorali, 35.1.16. [11] D. BUCCELLATO GALATIOTO, Castellammare del Golfo, in Dizionario illustrato dei comuni siciliani, a cura di F. Nicotra, Palermo 1909, 103, nota 4. [12] P. M. ROCCA, art. citato, 236. L’episodio è riferito anche dal D. BUCCELLATO GALATIOTO, op. cit., 77: ”Un altro pregevole quadro era quello dell’Annunziata, che andò perduto per l’insipienza di chi volle farlo ritoccare con intenzione di rinnovarlo”. [13] ARCHIVIO STORICO DIOCESANO MAZARA DEL VALLO, Visite Pastorali.
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